di Giuseppe Maria Tinnirello
Si chiamano Tari e Tasi, sono le tasse sui rifiuti e sui servizi indivisibili che stanno vessando i comuni siciliani. E quindi i contribuenti siciliani. Sono il risultato della Service tax, sostituita poi dalla Taser, a sua volta rimpiazzata dalla Trise, che ha dato come prodotto finito la Iuc, l’imposta unica comunale, che poi altro non è che la vecchia Ici ovverosia l’imposta comunale sugli immobili.
Sono il retaggio di una tentata riforma del sistema dei tributi che a partire dal 2014 ha portato in dono agli italiani – e ai siciliani, che non hanno beneficiato della specialità dello statuto della regione Sicilia – una pressione fiscale divenuta ormai insostenibile.
Di questo hanno parlato i sindaci siciliani riuniti ieri nella Sala De Seta dei Cantieri culturali della Zisa di Palermo. L’incontro, promosso dall’Anci Sicilia, si è concluso con un documento nel quale si afferma che “lo Stato e la Regione, in questi ultimi anni di gravissima crisi della finanza pubblica, se da un lato non sono riusciti ad affrontare alla radice i problemi che caratterizzano le autonomie locali dall’altro hanno continuato a scaricare di fatto parte delle loro difficoltà sul sistema degli enti locali – si legge nel documento programmatico approvato dall’associazione dei comuni siciliani – riducendo i trasferimenti, imponendo costi relativi a servizi in precedenza non a carico dei comuni o determinando un significativo aumento delle aliquote dei tributi locali e del livello locale di pressione fiscale”.
Il testo così approvato è stato inviato al Presidente della Regione Rosario Crocetta.
Martedì 6 maggio 2014
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