Bronte | Vittoria per le donne e il loro lavoro, ne vale il futuro

Il giudice, restituite il futuro e il lavoro

alle operaie specializzate di Bronte

Una sentenza che segna una tappa che riguarda le tante aziende
italiane che hanno delocalizzato la produzione facendo perdere lavoro al
proprio Paese

di Veronica Zerbo

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BRONTE | Vittoria per le donne e il loro lavoro. Il giudice di Bassano del Grappa, Paolo Velo, studiando la situazione dell’azienda Diesel di Renzo Rosso ha notato che non era in perdita, ma aveva delle commesse consistenti, soltanto che facendo realizzare i capi di abbigliamento in Polonia o altrove, trovava vantaggi pagando  meno della metà le sue operaie. 

LA SENTENZA  | Ora il giudice del Tribunale civile ha stabilito che deve essere restituito il lavoro alle operaie specializzate di Bronte, perché non soltanto non c’è stato un calo di vendite della holding, ma la Diesel aveva preteso che il consorzio di Bronte lavorasse in esclusiva ed era stata autorizzata a investire per completare il ciclo produttivo, determinando così «un abuso di dipendenza economica» che il giudice ha riconosciuto e condannato. Una sentenza che ridà respiro a un consorzio siciliano che per non morire era stato costretto a rivolgersi ad un tribunale del nord per avere riconosciuto un diritto difficile da provare. Bronte infatti vanta fino al 2008 un polo tessile tra i più forti d’Italia che dava lavoro a circa 1000 lavoratrici, poi via via la crisi ha eroso questo piccolo patrimonio di forza lavoro, le lavoratrici impiegate sono scese a circa 300, non c’è stato in tutta Italia un calo di lavori così repentino e tra l’altro così ingiustificato. 

SENTENZA STORICA | Il sindaco Pino Firrarello definisce «storica», ma è una vittoria parziale, prima di tutto perché si tratta di un processo di primo grado e quindi la Diesel può ricorrere in appello dove il «Consorzio società manufatturiere» di Bronte troverà un altro giudice, ma poi alle lavoratrici di Bronte interessa soltanto e soprattutto tornare in fabbrica, avere la sicurezza di un futuro. Tutto il paese ha bisogno disperatamente di lavoro e non ci si può giocare sulla disperazione. Questa sentenza segna anche una tappa che riguarda le tante aziende italiane che hanno delocalizzato la produzione facendo perdere lavoro al proprio Paese. Ad un certo punto ci vuole un freno con una apposita legge, perché va bene essere nel mercato comune europeo, ma a patto di non morire di disoccupazione.

Lunedì 6 maggio 2013